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LE POSSIBILI CONSEGUENZE DELL’ATTUALE EMERGENZA SANITARIA SUI CONTRATTI D’OPERA

L’attuale emergenza sanitaria da Covid-19 ha portato alla luce numerose problematiche, in primis la gestione delle varie fattispecie contrattuali sia da parte dei contraenti sia da parte degli operatori del diritto, chiamati a dirimere i dubbi giuridici derivanti dall’applicazione delle disposizioni adottate al fine di contrastare la diffusione del virus. In particolare, lo scopo di questo contributo è quello di fornire alcune delucidazioni in merito ai contratti d’opera, fattispecie in cui rientrano anche contratti comunemente denominati di “collaborazione/consulenza”.

Come incide l’attuale emergenza sanitaria sui contratti di collaborazione/consulenza?

In primis è necessario precisare che una tale tipologia contrattuale rientra solitamente nell’alveo applicativo dell’art. 2222 del codice civile che definisce il contratto d’opera come quella fattispecie in cui “una persona si obbliga a compiere verso un corrispettivo un’opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente […]”.

Un contratto di collaborazione può avere ad oggetto svariate attività che, alla luce dell’attuale si- tuazione emergenziale, risultano fortemente limitate o, addirittura, compromesse. Per menzionarne alcune, basti pensare a coloro a cui è affidata l’assistenza e il coordinamento operativo, in fase di apertura, in relazione ad un determinato numero di showroom appartenenti ad una casa di moda, oppure alla gestione dell’allestimento di esercizi commerciali o ristorativi. E’ evidente che, la possibilità concreta di svolgere tali attività è venuta di fatto meno, almeno temporaneamente.

E il committente che si era impegnato a versare un determinato corrispettivo a forfait, in ragione delle attività pattuite nel corso dell’intera durata contrattuale? E’ abbastanza intuitivo il fatto che, ove nel corso della durata contrattuale (per esempio annuale, per il 2020) le attività venissero interrotte o fortemente limitate per un determinato periodo (per ragioni sopravvenute ed impreve- dibili, non riconducibili al committente), verrebbe meno l’equilibrio sinallagmatico tra le prestazioni.

In tali casi quali sono i possibili rimedi per il committente?

Innanzitutto, lo spirito di buona fede dovrebbe indurre le due parti a trovare un facile accordo sull’allungamento del periodo di durata (a fronte del mantenimento del medesimo corrispettivo) o su una riduzione proporzionale del corrispettivo.

Ove non fosse così “semplice” trovare congiuntamente ed in via “bonaria” una soluzione di modifica del contratto, il committente potrebbe comunque avvalersi di taluni strumenti che l’ordinamento ha previsto per tali situazioni. Infatti, in talune ipotesi di questo tipo potrebbe trovare applicazione la disciplina di cui all’art. 1464 cod. civ., relativa all’impossibilità parziale di una delle due prestazioni contrattuali.

Un aspetto peculiare di questo momento emergenziale è che, nell’ipotesi di collaborazione/consulenza sopra esemplificata, l’impossibilità non si riflette solo sul piano puramente qualita-

tivo – parte della prestazione è materialmente impossibile – ma anche sul piano temporale, posto che l’impedimento parziale è strettamente legato a una irrealizzabilità di carattere temporaneo dovuta al rispetto delle misure di contenimento – misure, peraltro, di carattere eccezionale e, come tali, volte a contrastare l’emergenza sanitaria fino al perdurare della stessa. Date queste premesse, i rimedi prospettabili a favore del committente, ai sensi dell’art. 1464 cod. civ. sono due:

  1. i)  ove il committente abbia ancora un interesse ad ottenere il servizio consulenziale in forma parziale (anche da un punto di vista meramente temporale), allora avrebbe il “diritto ad una corrispondente riduzione della prestazione da esso dovuta”. In questo caso, quindi, avrebbe diritto a vedersi ridotto – equamente – il corrispettivo da pagare al consulente.
  2. ii)  se il committente non dovesse – legittimamente – avere un apprezzabile interesse all’adempimento parziale, potrebbe addirittura recedere dal contratto. In questo caso l’apprezzabilità dell’interesse va valutata in senso obiettivo (in ragione del singolo caso concreto), allo scopo di evitare recessi pretestuosi sulla scia dell’attuale situazione emergenziale.

E’ astrattamente individuabile un altro rimedio che potrebbe essere utilizzato con riguardo ai contratti di consulenza/collaborazione? L’eccessiva onerosità sopravvenuta?

Sì, alla luce delle peculiarità del singolo contratto di consulenza (un’attività potrebbe non essere divenuta parzialmente impossibile ma essersi fortemente ridotta) un altro strumento che potrebbe utilizzarsi è quello dell’eccessiva onerosità sopravvenuta ai sensi dell’art. 1467 cod. civ.. Qualora, sempre con riguardo ad un esempio nel settore moda/retail, fosse stata convenuta l’assistenza nel- la gestione dei fornitori e del magazzino per gli showroom, l’attività non sarebbe propriamente di- venuta impossibile (nemmeno in modo parziale, visto che le attività verrebbero comunque svolta: consultazione di cataloghi dei fornitori, valutazione di prossimi ordinativi, ecc.) ma è evidente che, in questo caso, il valore dell’attività svolta dal consulente non potrà che essersi ridotta (pro- porzionalmente alle limitazioni – legittimamente – delle attività degli showroom). La prestazione del consulente, dunque, sembra essere diventata eccessivamente onerosa per una delle parti a causa di avvenimenti straordinari e imprevedibili, nel cui ambito si ritiene possa pacificamente rientrare il Covid-19 e le conseguenti misure adottate.

A patto che tale squilibrio non rientri nell’alea normale e, quindi, nel normale range di rischio assunto dalla parte al momento della conclusione del contratto (difficile pensare che nell’alea normale rientri una contrazione forzata delle attività, in ragione della chiusura obbligatoria degli show- room), il committente può anche domandare la risoluzione del contratto. Dall’altro lato, il consulente potrebbe fornire, al fine di evitare la cessazione del rapporto contrattuale, una proposta di modifica delle condizioni volta a riportare l’equilibrio nel binomio prestazione-controprestazione.


Valentina Celledoni

valentina.celledoni@colladipiazzalex.it

Udine